RIPARTIRE da AGRIGENTO

Notiziario di Telepace – mercoledì 26.05.2004

 RIPARTIRE da AGRIGENTO

servizio di don Diego Acquisto

 Ha fatto notizia una ricerca in alcune scuole medie di Palermo sulla memoria dei giudici Falcone e Borsellino, a dodici anni dagli attentati. Secondo i ragazzi intervistati, non vale la pena mettersi contro una organizzazione forte e dominante, come la mafia, per cui i due giudici sarebbero eroi sì, ma inutili.

E se Palermo fa discutere per questa inchiesta tra i ragazzi di alcune scuole medie, Agrigento, dopo i noti fatti della città dell’uva Italia, che hanno determinato e stanno ancora determinando un vero e proprio terremoto politico in tutta la provincia, è stata scelta come sede di un Convegno promosso nei giorni scorsi da Libera e Legambiente, su “Alta mafia, politica, appalti, Cosa nostra: il caso Agrigento”. Non solo. Mentre si conferma che nel prossimo autunno la Commissione Nazionale Antimafia presieduta da Roberto Centaro farà tappa ad Agrigento, per fare il punto della situazione, viene ribadito da più parti che “il caso di Agrigento deve insegnare molte cose”, cogliendo l’occasione per passare dall’alta mafia all’alta politica, segnata da un impegno finalmente serio di sviluppo e di progresso della nostra terra, però nel sicuro binario della legalità. Un’indicazione questa che la Chiesa Agrigentina è ben felice di accogliere e che non la trova affatto impreparata, essendo l’impegno pastorale concreto di lotta alla mafia, strutturalmente inserito nei suoi orientamenti pastorali, e sicuramente da un lasso di tempo più che decennale. Un invito a nozze allora, per la Chiesa Agrigentina, quello di ripartire da Agrigento per sviluppare “una seria azione di contrasto nei confronti della mafia”, proseguendo nella linea indicata dal Papa. Il suo “grido”, nella Valle dei Templi, il 9 maggio 1993 – “Mafiosi convertitevi ! Ci sarà il giudizio di Dio” – è stato, infatti, “il momento più alto e significativo di un percorso che la Chiesa, che è in Agrigento, ha avviato il 19 aprile del ’92″, data di pubblicazione del documento del Consiglio Pastorale Diocesano dal titolo “Emergenza Mafia: un problema pastorale”, dove si precisavano, sin da allora, i pericoli del fenomeno nella provincia di Agrigento e l’impegno della Chiesa locale per “emarginare la cultura mafiosa”. Un documento a cui sono seguite, ininterrottamente negli anni, sino all’omelia del Venerdì Santo scorso, chiare prese di posizione dell’arcivescovo Ferraro. Non solo; sempre l’Arcivescovo non ha trascurato mai l’ occasione “per denunciare una situazione dove le forze dell’ordine venivano lasciate sole a condurre la strategia di contrasto alla malavita e alle infiltrazioni mafiose”, per condannare gli attentati che periodicamente hanno colpito commercianti ed amministratori locali”, per mettere in guardia, ad Agrigento come a Favara, a Canicattì come a Licata, a Porto Empedocle come a Sciacca, sull’aumento della “violenza nel mondo giovanile” e sulle tante “insidie di cui sono vittime i ragazzi, da parte di spregiudicati mercanti di morte”.

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