Protesta Cop 28 di Dubai……L’ira dei Paesi poveri e dell’Ue

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Cop28. — Niente eliminazione dei combustibili fossili. L’ira dei Paesi poveri e dell’Ue

Lucia Capuzzi, inviata a Dubai lunedì 11 dicembre 2023

La nuova bozza del documento finale della Conferenza Onu sul clima parla solo di «riduzione». Non è detto che Europa, Stati insulari, America Latina e alcune nazioni africane diano l’approvazione

 

L’attivista per il clima…l’ indiana, Licypriya Kangujam, 12 anni, protesta alla Cop28 di Dubai – Ansa

Si chiama Licypriya Kangujam, ha 12 anni, e viene dall’India. È lei l’emblema di questa lunga giornata alla Conferenza Onu sull’ambiente (Cop28), la penultima, ma solo in teoria. La sua entrata ha interrotto la “sessione di alto livello” dei negoziatori nella sontuosa sala al-Ghafat del Dubai Exhibition centre. La giovanissima attivista si è diretta verso il palco con il cartello: «Abbandonate i combustibili fossili. Salvate il pianeta e il nostro futuro».

Quando la polizia l’ha accompagnata fuori, è scoppiato un applauso fragoroso e la ragazzina ha incassato le lodi del direttore generale della Cop28, Majid Al Suwaidi. Una manciata di minuti dopo, però, la presidenza del vertice – rappresentata dal sultano Ahmed al-Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc – ha presentato una bozza del principale documento conclusivo che va in senso opposto rispetto alle attese di Licypriya e dei tanti ragazzi giunti a Dubai cper chiedere ai leader un’autentica transizione energetica.

Arrivato con oltre otto ore di ritardo sulla tabella di marcia, il testo provvisorio di sintesi di due settimane di trattative ha archiviato «l’eliminazione graduale dei combustibili fossili», supplicata per l’ennesima volta ieri dal segretario generale dell’Onu, António Guterres, tornato negli Emirati per il “gran finale”.

Al suo posto, al punto E dell’articolo 139, si parla di «riduzione del consumo e della produzione» di idrocarburi in modo «giusto, ordinato ed equo in modo da raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro, prima o intorno al 2050». Certo, il riferimento diretto ai «combustibili fossili», è un inedito nella diplomazia climatica. Si tratta, però, della sola concessione fatta dai petro-Stati, guidati dall’Arabia Saudita. Oltretutto, su un documento di 11.500 parole e ventuno pagine, l’espressione compare a malapena in tre occasioni. Un po’ poco per giustificare l’entusiasmo con cui Jaber ha annunciato «l’enorme passo avanti».

Immediata l’ira del fronte dei favorevoli allo stop, Unione Europea in testa, per cui si tratta di «uno schiaffo in faccia», come ha detto Linda Kalchner, direttrice di Strategic perspectives e veterana delle trattative climatiche. Per il commissario Ue per il Clima Wopke Hoekstra è una bozza «deludente».

Durissime le reazioni dell’Alleanza degli Stati insulari, i più vulnerabili all’emergenza ambientale: «È semplicemente inaccettabile». «Per noi delle Isole Marshall si tratta di una condanna a morte. Non possono chiederci di firmarla», ha dichiarato il ministro delle Risorse naturali dell’arcipelago, John Silk. L’America Latina, per bocca della ministra dell’Ambiente della Colombia, Susana Muhammad, in prima linea per l’addio ai fossili, ha espresso un secco no. Anche gli Stati Uniti – finora defilati in quanto, al contempo, grande produttore di petrolio e sostenitore della transizione energetica – hanno chiesto di «rafforzare» il capitolo sul contrasto alle emissioni. Alla fine, lo stesso Jaber ha riconosciuto che c’è «ancora molto lavoro da fare». Si profila, dunque, una maratona non-stop di incontri a porte chiuse e discussioni negli scintillanti corridoi dell’Exhibition centre, che andrà avanti nella giornata di oggi. La battaglia negoziale per raggiungere un consenso tra i 197 Paesi presenti più l’Ue sarà dura. In questo contesto, la conclusione alle 11, fissata nel programma ufficiale, sembra, come di consueto, una mera formalità. In effetti, rispetto ai precedenti, il testo risulta decisamente annacquato. Troppo per essere il primo bilancio globale – il cosiddetto “Global stocktake” – per fare il puntosugli impegni degli Stati per rispettare gli accordi di Parigi e delineare la rotta per il prossimo decennio. Quello cruciale, sostengono gli scienziati dell’Intergovernamental panel on climate change (Ipcc): per contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi, i gas serra devono essere tagliati del 43 % il 2030. «Una lista di Natale confusa che non aiuta nessuno e fa il gioco dei Paesi produttori di idrocarburi lasciando i più vulnerabili a mani vuote», l’ha definita Luca Bergamaschi, direttore del think-thank Ecco. La parte più critica è l’articolo chiave: il 39. Non solo si è sostituito «l’eliminazione» con «riduzione»: l’orizzonte per il taglio di produzione e consumo è di 27 anni. Ben oltre il 2030 e le indicazioni dell’Ipcc.

Si chiede, inoltre, la «rapida riduzione» dell’energia prodotta dal carbone, solo, però, dagli impianti «senza tecnologie di abbattimento». Queste ultime – ritenute dall’Ipcc efficaci solo su scala ridotta – sono menzionate sullo stesso piano delle rinnovabili – nonché del nucleare – come alternative agli idrocarburi. Oltretutto, l’intero articolo è preceduto da un cappello ambiguo in cui i tagli a fossili e carbone appaiono come suggerimenti non vincolanti. Anche sui fondi per aiutare i Paesi poveri a far fronte agli impatti del clima, non si va oltre le dichiarazioni di principio e l’ammissione di dover aumentare drasticamente i fondi. Ci sono, però, due elementi positivi nel testo. In primo luogo, l’impegno a triplicare le energie rinnovabili e a raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030.

Per la prima volta, infine, viene inserito un paragrafo sulla lotta alla deforestazione: senza i boschi, riserve di CO2, è impossibile arginare l’aumento delle temperature. Il riferimento esplicito agli impegni presi nell’ultima Conferenza Onu sulla biodiversità dà un mandato forte per mobilitare risorse internazionali in difesa delle foreste e dei loro abitanti. E prepara il terreno per l’iniziativa, anticipata dal Brasile, in vista della Cop30 nell’amazzonica Belém: la creazione di un meccanismo finanziario multilaterale per loro preservazione.

 

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