Greccio è Betlemme

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San Francesco d’Assisi, la mangiatoia e il dono di Gesù

L’Osservatore Romano-23 dicembre 2023

Nel 1219 san Francesco ha avuto la grazia di venire pellegrino in Terra Santa. Anche allora era in corso una guerra feroce e terribile, combattuta senza esclusione di colpi e con la volontà di annientare il nemico: la Quinta Crociata. In mezzo a questa guerra terribile e sanguinosa Francesco scelse di fare ciò che nessuno si aspettava, di andare incontro all’altro disarmato e annunciare il vangelo della pace. Fu in quella occasione che incontrò il Sultano d’Egitto e, grazie a quell’incontro, poté poi visitare un luogo speciale: la grotta e la mangiatoia di Betlemme, dove la Vergine Maria depose con amore e con premura il suo Figlio Gesù dopo averlo dato alla luce e averlo avvolto in poveri panni.

Qui san Francesco ha potuto contemplare quello che oggi anche noi possiamo vedere dentro la grotta di Betlemme: una piccola mangiatoia e accanto l’altare sul quale viene celebrata quotidianamente l’Eucaristia. È per questo che pochi anni dopo, nel Natale del 1223, esattamente otto secoli fa, il Poverello ha voluto chiedere un permesso speciale “al Signor Papa” per festeggiare il Natale a Greccio con questi semplici elementi: una mangiatoia con dentro un po’ di paglia e un altare sul quale celebrare l’Eucaristia. Ce lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua lettera apostolica dedicata all’Ammirabile segno del presepe.

In molti dei suoi scritti lo stesso Francesco d’Assisi ci parla contemporaneamente della nascita di Gesù da Maria e del suo rendersi presente in modo umile nell’Eucaristia, e ci ammonisce: «Ecco, ogni giorno il Figlio di Dio si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote» (Ammonizione , 16-18, Fonti francescane, 144). Questo luogo, la mangiatoia di Betlemme, e l’altare sul quale quotidianamente celebriamo l’Eucaristia, devono perciò, e prima di tutto, riempirci il cuore di stupore e di riconoscenza. Quale meraviglia: il Figlio di Dio che si è fatto bambino continua a donarsi a noi in modo umile attraverso l’Eucaristia. Così ogni altare diventa la mangiatoia di Betlemme, le mani del sacerdote diventano la mangiatoia di Betlemme, il cuore di ognuno di noi diventa la mangiatoia di Betlemme nella quale viene deposto con amore il Figlio di Dio nella sua piccolezza e umiltà. È così che il Dio lontano diventa l’Emmanuele, il Dio con noi. È così che Gesù realizza il senso del suo nome e della sua persona, che è quello di salvarci da una vita sospesa sul nulla. È così che donandoci se stesso ci trasforma in Lui e ci sottrae all’inferno di un individualismo egoista e narcisista che ci soffoca chiudendoci in noi stessi.

Chiediamo anche per noi e per le nostre famiglie e comunità che la celebrazione del Natale ci porti a seguire e a imitare l’umiltà di Dio: la mangiatoia e l’altare, che ci richiamano il dono quotidiano del Figlio di Dio che si umilia per noi, impegnino anche noi a farci piccoli, a donare noi stessi, ogni giorno. E chiediamo a quel Bambino speciale, che si chiama Gesù e che a Natale veneriamo come Principe della Pace, di portare pace ancora e sempre alla terra in cui è nato e che per questo è Santa, e che — purtroppo — è ancora orribilmente insanguinata. Chiediamogli di portare consolazione a chi si sente solo, abbandonato e umiliato, a chi soffre a causa della prepotenza e dell’indifferenza, del cinismo e della discriminazione, della violenza e della guerra, a chi sente spegnersi nel cuore la gioia e la speranza.

Buon Natale da Betlemme, dall’umile grotta in cui Maria diede alla luce il Bambino Gesù e dalla mangiatoia in cui lo depose dopo averlo amorevolmente fasciato, e dall’altare di ogni Chiesa sul quale il Figlio di Dio si rende ancora presente per la nostra salvezza e si lascia ricevere. Ma non dimentichiamolo: è soprattutto in ogni “piccolo e povero” che ci dona ancora oggi la possibilità di accoglierlo.

di Francesco Patton
Padre custode di Terra Santa

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