Una figura emblematica del Clero agrigentino …. P. Salvo a 27 anni dalla sua scomparsa

    Ricordare qualche figura del CLERO AGRIGENTINO  del recente passato   può essere utile……..

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RICORDANDO P. SALVO—- Favara 19.10.1995  – Collegio di Maria     Commemorazione pronunciata durante la concelebrazione del Trigesimo, organizzata dal Presbiterio di Favara.  Ore 15,30.

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          “Gesù è morto con le braccia spalancate. Nessuno gliele potrà mai più chiudere. Credo che in croce abbia salvato anche l’altro ladrone. Ha spalancato le braccia, per salvare tutti”.

Sono parole di P. CALOGERO SALVO, negli ultimi giorni della sua vita. Parole riferite dal nostro Vescovo, durante il funerale a Racalmuto, nella Chiesa Maria SS. Del Monte, durante la Messa esequiale ; parole che il Vescovo. S. E. Mons. Carmelo Ferraro, ha definito come il suo testamento spirituale.

E sempre il Vescovo, ha raccontato che appena una settimana prima, in una sua visita a casa di P. Salvo, dopo avere concelebrato la Messa con lui, ha raccolto dalle sue labbra anche queste parole : “Oggi, nella mia casa ho visto sorgere l’arcobaleno della mia vita, nella pace e nella grazia del Signore, ad iniziare dalla mia prima Messa, concelebrata con il Vescovo, fino a quest’ultima Messa, concelebrata con i mio Vescovo. Ringrazio il Signore di tutto”.

Sono pensieri e parole che Mons. Vescovo ha voluto riferire, a conclusione del funerale, per invitare tutti a lodare e ringraziare il Signore, per la spiritualità profonda e feconda di questo sacerdote, P. Salvo, il cui sacerdozio, esercitato con le caratteristiche proprie della sua personalità, è stato un dono grande per l’intera Comunità Diocesana.

Ho avuto tra le mani, in questi giorni, un libro che P. Salvo pubblicava nel dicembre 1969, dopo alcuni anni di intenso lavoro di ricerca e di riflessione. Mi riferisco al libro “Il Cantico di una Collegina”, la biografia di Suor Cesarina D’Oro, una suora tra le tante, che hanno onorato con la loro santa vita questo Istituto dove ci troviamo del Collegio di Maria di Favara, che da tempo ha svolto e svolge un prezioso servizio alla Città, nel difficile campo della formazione delle nuove generazioni, attraverso l’insegnamento.

Il libro di P. Salvo inizia con un pensiero di Suor Cesarina, un pensiero a cui l’autore ha voluto dare tanto risalto : “La vita è un dono nel suo inizio, un dovere nel suo corso, una offerta nel suo finire”.

Un pensiero che P. Salvo commenta da par suo, mettendo in risalto come Suor Cesarina abbia sentito della vita la grandezza e la gioia del dono, la responsabilità del dovere, il bisogno dell’offerta, nell’ultimo periodo della vita, quando fu raggiunta da terribili sofferenze.

A me pare che la vita di P. Salvo si sia svolta proprio secondo questa impostazione.

Accolta nella gioia del dono, l’ha sentita come un impegno forte nei diversi settori in cui ha lavorato : l’insegnamento in Seminario e nella Scuola Media “Brancati”, il lavoro sacerdotale di direzione spirituale, di ascolto delle Confessioni, di predicazione, qui, in questa Chiesa del Collegio di Maria, nella Chiesa della Grazia cosiddetta lontana, dove non si stancava di ripetere che si può fare tanto bene , tra i vecchietti e le ragazze del Boccone del Povero, nella Parrocchia di S. Leone negli ultimi anni. Vita come impegno, con grande dedizione, con notevole spirito di sacrificio, con scrupolosa puntualità. Una vita vissuta come offerta, poi alla fine. Un’offerta, che quanti siamo andati, in molti, a visitarlo durante le ultime settimane, abbiamo visto con quale consapevolezza e serenità venisse fatta. P. Salvo non era affatto preoccupato per sé, anzi pensava agli altri malati terminali come lui, papà di famiglia che dovevano lasciare nella desolazione moglie e figli, magari in tenera età. Lui invece diceva di ricevere una grazia, con quella morte segnata, che avanzava a grandi passi ; una grazia particolare, perché aveva modo di prepararsi, come si deve, alla morte.

Anzi, parlava di aver ricevuto, nella parte finale della sua vita, tre grazie particolarissime : la prima quella di avere avuto un anno e mezzo di vita in più, rispetto ai due, tre mesi che gli avevano pronosticato i medici all’Ospedale Gemelli di Roma, subito dopo la delicata e difficile operazione chirurgica, quando avevano cercato di strapparlo alla morte imminente, a causa del male incurabile da cui era stato colpito. La seconda grazia, quella di essersi avvicinato di più a Dio e di avere potuto scrivere e pubblicare il libro “Ecco tua madre”, dedicato alla Madonna e segnatamente alla Madonna del Monte, Regina e protettrice di Racalmuto, la città in cui P. Salvo era nato nel gennaio del 1926. La terza grazia, quella di una morte serena, come di fatto è avvenuto, la sera del 18 settembre 1995, verso le ore 20.

Tre grazie particolari di cui P. Salvo volentieri parlava, ed era lui a confortare, parenti ed amici che andavano a trovarlo, e che mostravano dolore e dispiacere per il suo stato.

Lui confortava e consolava gli altri, al punto che quanti gli andavano a fare visita, tornavano scos­si, meravigliati, edificati, per l’esempio di fortezza umana e psicologica di fronte alla morte ; morte guardata con l’occhio dell’intelligenza e con l’occhio della fede.

  1. Calogero Salvo : quasi 70 anni di vita, 46 anni di sacerdozio, di cui oltre 40 passati a Favara. Centinaia di giovani che ricordano volentieri di averlo avuto come insegnante di religione ; gli anziani del Boccone del Povero che lo attendevano sempre con gioia per confidarsi, per sfogarsi, per confessarsi e che ricevevano sempre da P. Salvo serenità, forza e tanta luce di fede.

Un lavoro, quello al Boccone del Povero, che P. Salvo, in modo silenzioso e nascosto, con quel­l’impegno e quell’assidua puntualità di cui solo lui era capace,   ha portato avanti per tanti anni, fini alle ultime settimane della sua vita, sino a quando ha avuto la forza di uscire da casa.

  1. Calogero Salvo, “questo vulcanico sacerdote, – ha detto l’arciprete di Racalmuto, Don Alfonso Puma – è stato intransigente di fronte al male, all’ingiustizia, all’ipocrisia, alla doppiezza, all’im­moralità, all’adulazione che sempre condannò”.  Il suo, lo ricordiamo tutti, era un linguaggio scarno ed essenziale, assolutamente privo di sbavature e di enfasi ; andava sempre diritto e subito al cuore dei problemi, con una logica stringente e conseguenziale.

Si potevano non condividere certe sue impostazioni, ma l’uomo era quello, naturalmente portato a dire sì, quando a suo giudizio c’era da dire sì, e no, quando a suo giudizio invece c’era da dire no ; senza eufemismi o inutili giri di parole, senza diplomazia o sotterfugi.

Egli, ricordo che mi diceva spesso, nei lunghi anni in cui siamo stati assieme nel Seminario, che oltre ai sacrilegi che si possono commettere verso i Sacramenti in genere e verso l’Eucarestia in particolare, quando, specie quest’ultimo sacramento, non si riceve con le disposizioni richieste, c’è il sacrilegio della Parola, quando questa viene usata per ingannare gli altri e per erigere un piedistallo alla propria persona, accarezzando il proprio egoismo e la propria vanagloria.

Sacrilegio della Parola, perché si tratta di vergognosa mistificazione, specie se perpetrata da uomini di Chiesa, che per mistificare usano del ruolo di cui sono stati investiti tra il Popolo di Dio.

Sacrilegio della Parola. Mi sono ricordato di questa indi P. Salvo, quando qualche settimana fa, ho letto il discorso del Card. Ruini, che, parlando del prossimo Convegno Ecclesiale della Chiesa Italiana, che si terrà a Palermo prossimamente, dal 20 al 24 novembre, ha voluto mettere in guardia dai rischi propri di un linguaggio artefatto e usurato, quel linguaggio che comunica alla gente solo parole vuote, prive di valore e di sostanza.

Il Card. Ruini ha parlato di ecclesialese, così come c’è il politichese ; quel linguaggio del dire e del non dire, che non comunica valori e scelte di vita.

Un difetto questo, quello di mancanza di chiarezza nel linguaggio, di cui è stato certamente immune il nostro P. Salvo, che al ministero della Parola ha dedicato la sua vita, nell’insegnamento delle Lettere e della Sacra Scrittura, nella pubblicazione di libri e nella stesura di articoli per il settimanale diocesano “L’Amico del popolo”, nella predicazione.

Tutti sappiamo con quale impegno, con quale puntigliosa meticolosità preparava le sue prediche; prediche mai improvvisate, sempre ricche di sapienza umana, filosofica e biblica, frutto di rielaborazione personale e di lunga riflessione.

Prediche a Favara, a S. Leone, a Racalmuto, che spesso lasciavano il segno. E non è difficile trovare persone che, appena si parla di P. Salvo, fanno subito riferimento alle sue prediche, a qualcosa di particolare delle sue prediche, da cui sono rimaste colpite.

“Questo vulcanico Sacerdote – ha detto ancora l’arciprete Puma – studioso inquieto, ricercatore della verità, amò e difese la Chiesa con una passione, che l’ardente temperamento poteva far sembrare eccessivo.   Sotto certi aspetti, come Don Mazzolari e Don Milani, è stato un personaggio scomodo, irritante, di non facile decifrazione ; e allo stesso tempo limpido e coerente ; un segno di contraddizione per una società malata. Intelligenza acuta, non ebbe mai paura di dire la verità. Egli avvertiva il mistero della Chiesa, istituzione divina ed umana ad un tempo, maestra di verità e madre fragile ; il mistero della Chiesa quindi, con le sue luci e le sue ombre”.  E fin qui P. Puma l’arciprete di Racalmuto.

Il condirettore del settimanale diocesano “L’Amico del popolo”, Don Giuseppe Ferranti, nel rievocarne la figura sulle colonne del giornale subito dopo la morte, ha voluto mettere in risalto come in particolari, delicati momenti della vita diocesana, P. Salvo ha fatto sentire i suoi “ruggiti”, sempre finalizzati al bene comune, affermando che senza questi “ruggiti”, non si sarebbero raggiunti certi traguardi, che poi invece si sono rivelati positivi, per l’intera Comunità diocesana.

  1. Calogero Salvo : forse per comprendere appieno la sua figura e la sua presenza sacerdotale, nel concreto contesto della nostra realtà ecclesiale agrigentina, bisogna partire dalla sua fine.

E la fine di P. Salvo è stata quella che abbiamo descritto : una fine che ha colpito ed edificato tanti.

Il terribile male, che, in poche settimane, con un ritmo galoppante, assediò e prostrò la forte tempra del suo corpo, non piegò minimamente il suo spirito ; il suo spirito è stato certamente accolto dalle braccia spalancate di quel Cristo che tanto amò e tanto fece amare, dopo essere stato purificato da terribili sofferenze, accettate ed offerte senza un lamento ; mentre anzi sulle labbra, fino a quando poté parlare, affioravano parole di fede e di incoraggiamento per gli altri.

Adesso P. Salvo riposa nella pace di Dio e il suo messaggio, quello che ci ha lasciato con i suoi scritti, con la sua predicazione, con l’esempio della sua vita, con la serenità e la fortezza cristiana della sua morte, il suo messaggio risplende più di quanto era in vita.

Proprio vero l’annuncio del Vangelo : “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo ; se invece muore produce molto frutto” (Gv. 12, 24).

Le parole di Gesù ci vogliono far capire che nel piano di Dio, la morte è condizione di vita, perché è la porta della risurrezione.

La morte che ci sembra una dura costrizione, una schiavitù, come dice S. Paolo nella lettera ai Romani, è in realtà una liberazione : come il chicco che sembra morire nella terra, spezza l’involucro che lo conteneva, per prorompere in una moltitudine di altri chicchi, rigogliosi nella spiga.

La morte di P. Salvo vista in questa luce diventa allora una liberazione, come il chicco che sembra morire e spezza invece l’involucro che lo conteneva, per prorompere in una moltitudine di altri chic­chi, rigogliosi nella spiga.

La morte di P. Salvo, così come è avvenuta, certamente per un disegno dall’alto, ha fatto riflettere non poche persone ed ha messo sul candelabro, lui che era così schivo da fatui ed inutili protagonismi ; sul candelabro, la sua personalità e la sua statura spirituale.

Per un provvidenziale piano di Dio, il modo come ha vissuto le ultime settimane di vita di ammalato terminale, ha consentito di leggere in questa luce tutti gli aspetti della sua esistenza, anche quelli discutibili, come la sua sensibilità talvolta eccessiva, il suo temperamento polemico e focoso, la sua refrattarietà al consenso ed alla si­mpatia, la sua asprezza talora davvero ruvida e scostante, la sua poca malleabilità ad accomodare le cose.

Riflettendo sulla vita di P. Salvo, mi è venuto in memoria il breve profilo biografico, da me letto qualche tempo fa, di S. Girolamo, un Santo erudito nelle Sacre Scritture.

  1. Girolamo aveva un temperamento irascibile, aspro, polemico e focoso, al punto da far pensare a qualche biografo, che fosse pure capace di nutrire rancore.

Nel profilo biografico che ho letto, sono stato colpito da alcune parole, che a me pare di potere in qualche modo applicare anche a questo nostro confratello P. Salvo, e vedere come l’amore sapiente di Dio agisce nella storia, rispettando sempre la libertà di ogni creatura.

Le parole di quel biografo su S. Girolamo erano queste : “L’uomo è tanto più commovente, in  quanto ci disarma, perché non nasconde i suoi difetti. Non ha nulla dell’unzione ecclesiastica. La fede non ha nascosto in lui, l’uomo. Dio si serve di ogni legno per fare del fuoco”.

Ed io sono sicuro che Dio si è servito di P. Salvo , sono sicuro che Dio con P. Salvo avrà certamente avuto il suo tornaconto, servendosi del suo temperamento e della sua personalità.

L’amore al lavoro e alla scienza, l’amore alla verità, ricercata con costante tenacia attraverso la fede e la ragione, attraverso la filosofia e la teologia, l’austerità di una vita che impone il rispetto, l’amo­re per la Chiesa che non scherza con l’ortodossia, l’offerta consapevole e gioiosa, alla fine della sua vita, impongono questa singolare figura di prete all’attenzione dell’intera Comunità diocesana, e in modo particolare della Chiesa di favara, che ha usufruito direttamente del suo ministero sacerdotale.

E mentre ringraziamo Dio di questo dono che ci ha fatto e gli chiediamo perdono di non averlo valorizzato a sufficienza, invochiamo misericordia.

Veramente la misericordia di Dio fa il resto, quando noi ci affidiamo veramente a Lui. E’ questo il sentimento, che mi permetto di suggerire a questa assemblea liturgica formata da laici, religiosi e Sacerdoti di questo Vicariato Foraneo. Assemblea convocata per questo Trigesimo, con la finalità di ringraziare e chiedere misericordia, mentre per P. Salvo, con fede e speranza cristiana, diciamo :

“In Paradiso ti accompagnino gli Angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri e ti conducano nella Santa Gerusalemme”, quella Gerusalemme celeste che è la nostra madre, dove tutti ci ricongiungeremo. Amen e così sia.

                                                                                              Sac. Diego Acquisto

 

 

 

 

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