La Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” riforma la Curia Vaticana ed apre ai laici

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La sfida del rinnovamento nella Chiesa guidata da Papa Francesco, con la riforma della Curia Romana.

E’ stata approvata da Papa Francesco lo scorso 19 marzo,  giorno in cui si festeggia S. Giuseppe, la Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo.

Riforma che andrà in vigore il prossimo 5 giugno, solennità di Pentecoste. Si tratta di  un atto magisteriale della suprema autorità della Chiesa, che comporta davvero sul piano pastorale l’avvio di una svolta senza precedenti, destinata ad incidere nel concreto, per una nuova e diversa  visione di Chiesa, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II (1962-65), che ha parlato di Chiesa, come Popolo di Dio in cammino nella storia.

Concilio i cui insegnamenti ed orientamenti innovativi, oggetto frequente di studi, conferenze ed approfondimenti teorici, tuttavia sino ad ora, – (lo abbiamo sentito adesso anche dalla stessa bocca di eminenti personalità curiali) – nella concreta prassi ecclesiale, sono stati sempre calati nella concreta realtà, con il tradizionale filtro della logica clericale.

Così negli anni ! ma, bisogna rilevare che  nell’ultimo decennio e soprattutto negli ultimi anni, se non nei tempi proprio  più recenti, abbiamo però sentito lo stesso papa Francesco parlare dei danni che nella Chiesa ha operato, quello che  con un’espressione tagliente ha definito “cancro del clericalismo”.

Clericalismo chiamato, in causa anche recentemente,  a proposito del  problema degli abusi di un’ubbidienza fuor di posto, di un’obbedienza insensata nei rapporti tra coscienza ed autorità, tra coscienza, ubbidienza e potere, nella Chiesa, in Monastero o in un Convento.  Per questo la Congregazione Vaticana per la vita consacrata, nel suo importante documento di orientamento “Per vino nuovo, otri nuovi” del 2017, ha parlato della sfida di un necessario rinnovamento e di una giusta formazione nell’esercizio dell’obbedienza e dell’autorità.

In questo quadro generale di rinnovamento, adesso,  la riforma della Curia Romana appare a non pochi, un vero e proprio  scossone alla cultura del  clericalismo.

In  questa nostra testata giornalistica, pur nei limiti comprensibili anche di spazio, abbiamo sempre cercato di non trascurare i vari segni di un cammino nuovo pastorale, ancorato ai suggerimenti ed alle intuizioni  conciliari. Così, ad esempio, non abbiamo mancato di sottolineare, come durante i lavori del Sinodo sull’Amazzonia, uno dei Vescovi di quella vasta zona, aveva comunicato che nella sua diocesi aveva scelto come Vicario Generale una donna.

Adesso nella Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium”, a parte tutte le precisazioni sul cambiamento di nome con un termine più laico,  “Dicasteri” anziché Congregazioni, … e revisione e precisazioni sulle competenze specifiche dei vari “dicasteri”, nei varai rami teologici, disciplinari, economici e giudiziari, ecc….adesso nella  Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” sulla Curia Romana leggiamo….- (ed è  questo  lo scossone) –   che la potestà di governo nella Chiesa viene dalla missione canonica, non dal sacramento dell’Ordine.

Una norma questa, sicuramente,  nello spirito del Vaticano II, decisamente ed assolutamente innovativa dal punto di vista teologico e pastorale,  del ruolo dei laici, uomini o donne che siano, all’interno della Curia Romana.

Cioè,  per dirla con estrema chiarezza e non lasciare dubbi…la potestà vicaria per svolgere un ufficio – (viene sottolineato nella sostanza !) – è la stessa se ricevuta da un Vescovo, da un Presbitero, da un Diacono,  da un consacrato o una consacrata, oppure da un laico o una laica.

Diego Acquisto

21-3-2022 ore 23,52

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