Qualche notizia non buona anche in campo ecclesiale pure da Favara

In una data come quella di oggi 19 luglio che ci ricorda eventi particolarmente dolorosi, come la frana che 53 anni fa interessò una buona parte della città di Agrigento , o la strage di via D’Amelio in cui perse la vita il Giudice Borsellino unitamente ai cinque uomini della sua scorta, anche il popolo credente di Dio deve prendere atto di qualche notizia non buona.

Mi riferisco anzitutto alla profonda amarezza che provoca in molti agrigentini della città e della provincia, la notizia confermata che dopo 250 anni i Redentoristi lasciano la città. La motivazione della chiusura della loro Casa in Agrigento, pare che sia unicamente  da addurre all’età avanzata dei due sacerdoti, P. Giuseppe Russo (superiore) e P. Vincenzo Romito i quali, per tale motivo, non sarebbero più in grado di attendere al loro ufficio. Usiamo volutamente il condizionale, perché nel doveroso silenzio degli interessati,  non mancano quelli,  – e  non sono pochi –  che  non condividono questa motivazione.

Comunque a parere di chi scrive, a prescindere dal caso concreto sul quale espressamente non intendo pronunciarmi,… in genere data la notevole diminuzione delle vocazioni alla vita religiosa, specie a quella di un certo stampo che pure nel passato ha collezionato tanti, proprio tanti meriti non solo in campo religioso-teologico ma anche in quello socio-culturale, questo tipo di decisioni è ormai tanto frequente.

E per questo la chiusura di tante Case in Italia, provoca un  conseguente aggravio  di lavoro pastorale al clero secolare o diocesano, che nei confratelli religiosi, come in questo specifico caso dei Padri Liguorini e Redentoristi,  ha sempre avuto un valido, anzi validissimo punto di riferimento spirituale e pastorale.

E come se non bastasse, un’altra notizia non  buona che mi raggiunge proprio oggi. Una notizia che riguarda  Favara e la Comunità religiosa dei Padri Vocazionisti, venuti a Favara sul finire degli anni ’50 del secolo scorso, chiamati dalla diocesi che dava esecuzione ad un lascito testamentario per curare umanamente e spiritualmente la gioventù della città. Il benefattore, come si legge in tutti i libri di storia locale era Mons. Antonio Giudice. Che – come sempre si è detto a Favara – proveniente da una famiglia facoltosa, lasciava alla diocesi una notevole quantità i beni e di terra  per curare   la formazione della gioventù favarese.

Dall’Arcivescovo Peruzzo (nella foto), – volendo sintetizzare quanto l’opinione comune tramandava all’inizio degli anni 60, quando nel settembre 1963 sono venuto a Favara – Mons. Giuseppe Di Marco ebbe l’incarico di eseguire il testamento e la volontà testamentaria,.

Così, dopo un breve periodo di transizione in cui l’Oratorio, dedicato al grande benefattore fu curato da alcuni sacerdoti diocesani (come per esempio, il campobellese  P. Vincenzo Avanzato, ancora in  buona salute e P. Calogero Salvo di venerata memoria) , si pensò ad una famiglia religiosa . E cosi, dopo i necessari accordi,  presero in carico tutto, i PP. Vocazionisti. Cioè la Società delle Divine Vocazioni fondata dal sacerdote Giustino Russolillo, adesso Beato Giustino Maria della SS. Trinità.

Tante le attività subito avviate con l’Oratorio, con cui attraverso soprattutto lo sport si avvicinavano tanti giovani e con la Casa del Fanciullo, dove assistiti anche con contributo della Regione trovavano conforto, educazione ed istruzione tanti ragazzi di famiglie socialmente svantaggiate.

Così per tanti anni….        Dopo c’è stato un  periodo di stasi nelle attività giovanili in seguito alla crisi del ’68 e degli anni che seguirono, durante i quali comunque si costruì la nuova Chiesa, sui cui muri subito spuntò  – secondo la cultura del tempo di una certa frangia politica – la frase che si poté leggere per tanti anni “Meno chiese…più ospedali”.

Non ci spossiamo dilungare su altro, perché la notizia che circola al momento è che i PP. Vocazionisti avrebbero l’intenzione di sbaraccare tutto ed impegnare altrove le loro energie e le loro risorse. Cosa che a Favara, man mano che questa notizia si va diffondendo, così come per caso è arrivata anche a chi scrive, produce anzitutto incredulità, e poi , se dovesse essere vera,  profonda, anzi profondissima amarezza.

Specie dopo che da  alcuni anni, con grandi sacrifici, l’attuale benvoluto Parroco P. Uriel Ortiz (nella foto), è riuscito a rilanciare l’Oratorio, frequentato da oltre duecento ragazzi delle varie età, cambiando però – con una decisione da chi scrive non condivisa –   il nome da “Oratorio Mons. Giudicead “Oratorio don Giustino“.

Un cambiamento che in diverse sedi non abbiamo trascurato di denunciare e non condividere. Anche se comunque viene sostanzialmente rispettata nella realtà la fondazione del grande, lungimirante benefattore favarese Mons. Giudice.  E siamo sicuri che anche dal Paradiso, il beato don Giustino condivide la nostra posizione.

 

Diego ACQUISTO

19-7-2019

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