Le salutari pungolature di Papa Francesco ai Vescovi italiani.

Senza risparmiare nessuno, a cominciare dai suoi fratelli Vescovi. Un tipo di linguaggio che difficilmente si trova nei suoi predecessori, dove magari gli stessi moniti, concetti, pungolature  si trovano sì,  ma in maniera assai meno immediata, franca, schietta e  dirompente.

Sicuramente un segno dei tempi questa maggiore consonanza  con il linguaggio di Gesù. Il Quale – ricordiamo –  non ci ha pensato due volte ad apostrofare in maniera inequivocabilmente  forte Pietro, che aveva osato chiamarlo in disparte per dissuaderlo dalla via della croce. E sempre proprio  a proposito di linguaggio, sappiamo bene che proprio Gesù   ha sentito di dover raccomandare ai suoi di esprimersi con franchezza e senza giri di parole, perché il suo Vangelo non vuole essere una morale ma anzitutto una sconvolgente liberazione. E  per questo, senza possibilità di equivoci, ha voluto raccomandare: “Sia il vostro parlare sì per il sì e non per il no…quello che è di più viene dal maligno” (Mt.5,37).

Premesso quanto sopra, a nessuno può  sfuggire  che il Papa proprio ai Vescovi Italiani riuniti in assemblea, qualche giorno fa, a proposito di lentezze sui due “Motu proprioMitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus, pubblicati nel 2015,  con cui sono stati riordinati ex integro i processi matrimoniali, si è lamentato  di dovere “constatare che la riforma, dopo più di quattro anni, rimane ben lontana dall’essere applicata nella grande parte delle Diocesi italiane”.

Non solo! subito dopo testualmente ha aggiunto : “Ribadisco con chiarezza che il Rescritto da me dato, nel dicembre 2015, ha abolito il Motu Proprio di Pio XI Qua cura (1938), che istituiva i Tribunali Ecclesiastici Regionali in Italia e, pertanto, auspico vivamente che l’applicazione dei due suddetti Motu Proprio trovi la sua piena ed immediata attuazione in tutte le Diocesi dove ancora non si è provveduto”.

Ma non solo questo richiamo ! anche tutta una serie di esortazioni ai Vescovi residenziali di mantenere un rapporto fraterno e vitale con i propri preti definiti “la spina dorsale su cui si regge la comunità diocesana”.  In questo, giudicando sagge le parole  del Cardinale Gualtiero  Bassetti (nella foto), presidente della CEI,  che aveva avuto modo di dire che se si dovesse incrinare questo rapporto con il proprio presbiterio tutto il corpo ecclesiale ne risulterebbe indebolito, con inevitabili ripercussioni sullo stesso messaggio che  finirebbe per affievolirsi.

E sempre su questo tema del rapporto Vescovo-Preti  giudicato di vitale importanza, Papa Francesco in maniera perentoria ed assolutamente chiara tra le altre cose ha detto : “Noi Vescovi abbiamo il dovere di presenza e di vicinanza al popolo cristiano, ma in particolare ai nostri sacerdoti, senza discriminazione e senza preferenze. Un pastore vero vive in mezzo al suo gregge e ai suoi presbiteri, e sa come ascoltare e accogliere tutti senza pregiudizi. Non dobbiamo cadere nella tentazione di avvicinare solo i sacerdoti simpatici o adulatori e di evitare coloro che secondo il vescovo sono antipatici e schietti; di consegnare tutte le responsabilità ai sacerdoti disponibili o “arrampicatori” e di scoraggiare i sacerdoti introversi o miti o timidi, oppure problematici. Essere padre di tutti i propri sacerdoti; interessarsi e cercare tutti; visitare tutti; saper sempre trovare tempo per ascoltare ogni volta che qualcuno lo domanda o ne ha necessità; far sì che ciascuno si senta stimato e incoraggiato dal suo Vescovo. Per essere pratico: se il vescovo riceve la chiamata di un sacerdote, risponda in giornata, al massimo il giorno dopo, così quel sacerdote saprà che ha un padre”.

 Diego Acquisto

 

 

 

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