Riscopriamo la profezia politica di don STURZO

Politica come atto di amore  per la collettività e come dovere per il cittadino…la visione di don Luigi Sturzo nel centenario dell’“Appello ai liberi e forti”. Un centenario da non dimenticare soprattutto in Italia. E la Chiesa, voce critica, si prepara a celebrare il prossimo 18 gennaio.

A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà.”

Iniziava così  il manifesto del 18 gennaio 1919,  redatto e pubblicato  dalla Commissione Provvisoria del Partito Popolare Italiano appena costituito sotto l’ispirazione del prete siciliano, don Luigi Sturzo (1871- 1959) .

Un prete diocesano, don Luigi Sturzo, che dopo avere studiato nei Seminari di Acireale, Noto e Caltagirone, sua città natale, fu ordinato presbitero nel 1894 continuando poi ancora a perfezionare gli studi a Roma,  alla Pontificia Università Gregoriana dove ottenne la laurea in teologia, e quindi  all’Università della Sapienza la laurea in filosofia e sociologia.

Convinto  che la vita cristiana è vita sociale,  superando il “non expedit”,  guardò la politica come atto di amore  per la collettività e come dovere per il cittadino. Il  cui impegno nel fare  buona o cattiva politica, dal punto di vista soggettivo dipende dalla rettitudine dell’intenzione, dalla bontà dei fini da raggiungere e dai mezzi onesti da usare per raggiungere lo scopo. Quindi fu sempre  assertore della necessità di  coerenza per i credenti tra vita religiosa e impegno politico, da praticare  in assoluta autonomia dalla Gerarchia ecclesiastica.

Attento analista dei rapporti tra Chiesa e Stato,  don Sturzo è stato una grande e nobile figura di statista antifascista, sempre fedele all’idea che le libertà sociali e la democrazia costituiscono un binomio inscindibile,  che   non devono venire schiacciate dalla mancanza di libertà o dagli eccessi dello statalismo.

L’ “Appello ai liberi e forti”, contiene i caratteri fondamentali di quello che sarà poi qualificato come “popolarismo sturziano”, che concretamente fu la  traduzione in politica dei caratteri sociali ed etici della nascente  dottrina sociale della Chiesa come delineata nella Rerum Novarum,  con il coraggio del confronto con alcuni principi del liberalismo e del socialismo.

L’Appello che irrompeva nel clima fascinoso della nascente cultura fascista, andava contro corrente e   chiamava a raccolta tutti i “liberi e forti”, senza distinzione di confessione o credenza, disegnando i caratteri di un Partito davvero aperto a tutti, purché desiderosi di vera libertà e democrazia, nel massimo rispetto dei diritti della persona e delle varie aggregazioni sociali.

Particolare attenzione veniva  riservata  al ruolo della famiglia, alla libertà d’insegnamento, al principio i sussidiarietà,  ai sindacati.  Non mancava  la visione del futuro con le opportune riforme democratiche per  l’ampliamento del suffragio elettorale, compreso il voto alle donne.

Particolare impegno contro l’accentramento amministrativo ed il latifondismo, andando profeticamente anche al di là della Rerum Novarum, il cui contenuto  ai poteri dominanti continuava ad essere assai poco gradito.

Sappiamo come don Luigi Sturzo abbia pagato per le sue idee, costretto all’ esilio dal 1924 al 1940 prima a Londra, poi a Parigi ed infine a New York. Dopo  la caduta del fascismo e lo  sbarco alleato in Sicilia nel luglio 1943 riprese subito i contatti con gli esponenti cattolici siciliani, come Giuseppe Alessi di S.Cataldo (CL), Gaspare Ambrosini di Favara (AG), Salvatore Aldisio.di Gela (CL)

 

 

 

 

 

 

 

Rientrò in Italia nel  settembre 1946, stabilendosi nella casa generalizia delle Canossiane in Roma, seguendo attentamente il Partito Popolare che però adesso aveva preso il nome di Democrazia Cristiana o Scudo Crociato, con al centro nel suo simbolo la parola “LIBERTAS”. Fiutando profeticamente l’evolversi degli eventi, fu il primo a sollevare il problema della “questione morale” pubblicando già nel novembre 1946 un articolo dal titolo: “Moralizziamo la vita pubblica“.

Adesso nell’attuale  caotico mosaico politico che l’Europa e l’Italia stanno vivendo,  con la delegittimazione non senza ragione delle élite dei Partiti storici, i limiti e gli errori della globalizzazione, con il risultato dell’aumento a dismisura  delle diseguaglianze sociali e l’aumento della povertà e disperazione delle masse, l’Appello ed il pensiero di don Sturzo, meritano sicuramente attenzione. E non farebbe perciò davvero male una rilettura senza preconcetti   del suo pensiero sociale. unitamente ad un confronto con la DSC, anzitutto per raffreddare il risentimento in atto  di tutti contro tutti con  la pretesa assolutizzante del proprio “particulare”.

Per un impegno  nuovo  ed  in una nuova forma  contro gli estremismi. Una nuova ed originale  rete civica di laici impegnati per il bene comune.

Una rete non telematica e virtuale, ma  concreta, fatta di persone, gruppi connessi tra loro, dal basso. Ricordando sempre che la  Chiesa  non è un partito politico e  non sta, né  può stare all’opposizione di alcun Governo. Ma, oggi come ieri, resta e deve restare  voce critica.

 

Diego Acquisto

12-1-2019

 

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