Ricordare giova…perciò riprendiamo da AG-OGGI, l’intervento del prof. Marchica sul volume Frammenti di Vita

Prof. Giovanni Marchica 

 

    AGRIGENTO-OGGI        L’angolo di don Diego—Di Redazione 26 Aprile 2019 Favara

Intervento del prof. Giovanni Marchica in occasione della presentazione del volume “Frammenti di vita” di don Diego Acquisto, nel salone “Beato P. Pino Puglisi” della Parrocchia Ss. Pietro e Paolo – Favara-24 aprile 2019 – ore 18,30

Era il dicembre del 2017 quando Don Diego Acquisto ha incontrato me e il professor Antonio Arnone per metterci a parte di un suo progetto a lungo vagheggiato, ma sempre rimandato: la pubblicazione in volume di un “excerpta” dei suoi numerosissimi articoli che hanno visto la luce nel corso di molti decenni: in giornali cartacei, come ad esempio il settimanale dell’arcidiocesi di Agrigento L’amico del popolo, della cui redazione è stato membro dal 1988 al 2005, ed il mensile Penna Sottile, di cui è attualmente collaboratore; in emittenti radio-televisive, come Radio Favara 101, di cui è direttore dell’informazione sin dal 1994, e Telepace Agrigento (diventata nel 2010 Agrigento Tivù), di cui è stato pro-direttore dal 1997 al 2005; in organi d’informazione online come Agrigento Oggi, giornale online di cronaca, eventi culturali e sportivi, di cui cura la rubrica “L’Angolo di don Diego”; e questo solo per citare alcune delle collaborazioni più importanti.

In realtà, Don Diego nutriva più di una perplessità sull’opportunità di una simile ope-razione, poiché pensava, come egli stesso scrive nella prefazione «… che quelli miei ‒ dice testualmente ‒ fossero stati interventi da tenere chiusi nella memoria mia personale e anche in quella del computer per gli ultimi venticinque anni».

Ma l’insistenza mia e quella del professor Arnone, che egli definisce “affettuosa”, unita all’incoraggiamento di un amico e collega che risiede lontano da Favara, a cui si è rivolto nel vano tentativo di esimersi dalla pubblicazione, e alla profonda consapevolezza che un simile lavoro avrebbe salvato dall’oblio una pagina cruciale della storia civile ed ecclesiastica della comunità locale, e non solo, lo hanno indotto ad accettare di dare alle stampe il libro che oggi presentiamo.

Lo stesso Autore riconosce che «… nei ‘frammenti’, che non sono stati scelti da me ‒ afferma ‒ ma dai due professori citati – anche a mio giudizio ‒ c’è un filo rosso che li collega e che il lettore attento non mancherà di cogliere, pur nel riferimento alle mutate situa-zioni della Chiesa e della società».  «È ovvio ‒ continua ‒ che alcuni comportamenti e giudizi sul piano pastorale e socio-politico risultano datati e oggi sarebbero diversi; ma forse anche per questo più meritevoli di attenzione perché testimoniano, oltre alla personale partecipazione, il cambiamento avvenuto e possono stimolare a capire meglio quello che è in atto».

Concetti questi ribaditi anche nella presentazione al volume, dove si legge: «Parlare di don Diego […] vuol dire rivisitare molti degli avvenimenti salienti verificatisi nell’agrigentino durante l’arco di mezzo secolo e di cui sarebbe bene conservare la memo-ria».

E ancora: «Con il presente lavoro ci si propone di ordinare in qualche modo, per temi, alcuni dei suoi innumerevoli scritti e contribuire a ricostruire una pagina di storia ecclesiale e civile dell’agrigentino e di Favara, così come vista e vissuta da un parroco-giornalista».

Lavoro, quello relativo alla scelta degli articoli prima e al loro assemblaggio poi, al-quanto problematico, in primo luogo perché io e il professor Arnone ci siamo dovuti de-streggiare in mezzo a una miriade di brani, alcuni in forma cartacea, altri, la maggior parte, in formato elettronico, dai contenuti più diversi tra loro e, per di più, compresi in un arco temporale amplissimo: si pensi che il primo articolo contenuto nel libro, “Al vescovo e a tutti i sacerdoti della diocesi di Agrigento” (Documento presentato all’Assemblea del Clero), risale a quasi mezzo secolo fa, essendo datato 7 febbraio 1974.

In questo caso si tratta di un articolo che non è esagerato definire “storico”, non solo per la sua vetustà, ma anche e soprattutto per il suo contenuto, che interpreta fedelmente l’ansia con cui il clero locale intendeva contribuire (in quegli anni di diffusa contestazione a tutti i livelli: il ‘68 era passato da soli 5-6 anni!) al «rinnovamento e alla riconciliazione della diocesi [di Agrigento]», ansia destinata di lì a poco a scuotere dalle fondamenta la struttura gerarchica della Chiesa.

In secondo luogo, dal punto di vista più strettamente tecnico, l’accorpamento degli articoli, nell’indispensabile rispetto del criterio dell’unità strutturale e di quello della coerenza o, come qualcuno preferisce dire, dell’uniformità redazionale, ha incontrato l’ostacolo maggiore, soprattutto in fase di progetto grafico e d’impaginazione, nel fatto che, tra l’altro, i file relativi ai vari articoli avevano i formati più diversi (dal vetusto Word Perfect [Wpd], alle versioni più recenti di Word, all’Acrobat di Adobe, all’HTML, ecc.) ed erano stati formulati secondo i criteri tecnico-stilistici più disparati.

Successivamente, abbiamo proceduto all’assemblaggio degli articoli, che è passato attraverso una serie di aggiustamenti, e alla fine quelli scelti, poco meno di un centinaio, sono stati raccolti in sette capitoli, di norma secondo un ordine rigorosamente cronologico: “Nel seno dell’Arcidiocesi tra il Novecento e il Duemila”; “Etica, politica e problematiche sociali”; “Personaggi ed eventi religiosi”; “Intorno a Papa Francesco”; “Il fenomeno mafioso”; “Politica e mondo cristiano”; “Le amministrazioni comunali”, quest’ultimo diviso in tre parti: ‘Da Vetro ad Airò a Russello’, ‘Diario delle elezioni comunali del 2011’, ‘I 5 Stelle al governo della Città’.

(al tavolo della presidenza…parla il sindaco dott.sa Anna Alba )

Gli articoli spaziano a 360 gradi tra i problemi della Chiesa locale e non, ma anche tra quelli della società e dello Stato, compresi quelli di carattere squisitamente politico: alla POLITICA LOCALE è dedicato il settimo e ultimo capitolo del libro, in cui la politica favare-se è passata al setaccio attraverso una serie di articoli che in maniera puntuale ne ripercorrono l’iter politico-amministrativo nell’ultimo ventennio, partendo dal sindaco Lorenzo Airò, fino a Carmelo Vetro, a Domenico Russello, a Rosario Manganella e, infine, all’attuale sindaca Anna Alba. Il tutto alla luce dei principi immarcescibili della dottrina cristiana, cui anche i giudizi di tipo socio-politico sono puntualmente ricondotti, dal momento che Don Diego Acquisto è fermamente convinto della irrinunciabile interazione tra la Chiesa da una parte e l’organismo sociale nelle sue molteplici articolazioni funzionali dall’altra.

Un capitolo specifico, il quarto, è riservato a PAPA FRANCESCO, alla cui figura e alla cui opera Don Diego ha dedicato numerosi interventi, nei quali sottolinea soprattutto l’instancabile opera di «cambiamento positivo operata nella Chiesa, risvegliando le coscienze e mettendoci tutti in cammino di santità, accettando anche i nostri limiti e mettendo in conto anche i nostri peccati, ma col desiderio, evidentemente, di superarli», auspicando che Papa Bergoglio abbia le «energie necessarie per realizzare in seno alla Chiesa le riforme in cui spera tutto il mondo cattolico e riesca a dare nuovo vigore alle vocazioni».

Nel libro sono contenuti diversi interventi riguardanti l’impegno della Chiesa nel sociale in generale, ma soprattutto contro la MAFIA, alla quale è dedicato un capitolo specifico, il quinto. Su tutti gli articoli campeggiano quelli sull’assassinio del piccolo Stefano Pompeo, di soli undici anni, avvenuto il 22 aprile 1999 ‒ di cui proprio in questi giorni ricorre il ventesimo anniversario ‒ nei quali l’indignazione personale dell’autore degli articoli stessi si unisce a quella più generale della società e della Chiesa, che in quell’occasione hanno trovato un’encomiabile unità di intenti e di orientamenti: la lotta senza quartiere contro il crimine e il malaffare.

In quei giorni convulsi di vent’anni fa, in cui le manifestazioni contro la mafia e tutte le forme di criminalità organizzata e le marce silenziose si alternavano incessantemente alle giornate di digiuno e alle veglie di preghiera, la Chiesa di Favara, attraverso manifesti, volantini e quant’altro, diffuse un documento ufficiale riportato in un articolo del 28 aprile 1999, intitolato “Penitenza e preghiera per Stefano Pompeo”, nel quale si legge testualmente: «La Chiesa di Favara […] ha dure parole di condanna contro ogni logica perversa, di violenza e di sopraffazione che si contrappone a quella evangelica dell’amore e del rispetto della persona, invitando tutti quelli che hanno responsabilità formative a un’azione ancora più efficace e incisiva, che punti al cuore e alla coscienza, al fine di isolare e fare “terra bruciata” attorno a quanti si lasciano irretire in gruppi malavitosi o organizzazioni di mafia. Assicurare poi i responsabili alla giustizia è certamente dovere che spetta allo Stato con i suoi organi investigativi, ma dovere di tutti è anche collaborare a questo fine».

All’inizio si accennava alle perplessità dell’Autore sull’opportunità della pubblicazione di questa selezione di articoli. A fugare ogni dubbio al riguardo è lo stesso Don Diego, che nel corso di un recente intervento alla trasmissione di Tele Video Agrigento, “Target”, ha formulato l’auspicio che quelli che egli chiama “frammenti” possano diventare “fermenti” in grado di ingenerare nella mente e nell’animo del lettore la tensione ideale necessaria per non appiattirsi sulla dimensione di una realtà meramente materiale, ma tendere costantemente a quella perfezione da sempre additata dalla Chiesa e più recentemente ribadita dal suo pastore Papa Francesco, che non perde mai occasione per ricordare come il cammino che conduce alla santità sia l’unico umanamente e cristianamente percorribile.

(in prima fila gruppo familiari….ed alcuni degli amici presenti)

 

N.B- Mi sono imbattuto per caso sul web …. questa mattina 3 luglio  con questo materiale ……che oltre che per me piacevole, mi pare anche che possa risultare  interessante  per altri  ……  e perciò,   comunque,  da non abbandonare all’oblìo…….nella foto in grande dopo la combattiva Margherita La Rocca Ruvolo… (al centro)  … la grande faccia di un generoso amico…..Gaetano Milioto adesso passato a miglior vita,  dopo aver tanto lottato per il bene di Favara…… come  principale animatore del Comitato per l’acqua pubblica, contro i disservizi e le prevaricazioni di Girgenti-acque…..

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 ATTENZIONE – 3 luglio 2022 – L’articolo di cui sopra ha suscitato un vivace e – credo –  interessante  scambio di opinioni che è bene sottoporre all’attenzione di quanti vogliono riflettere…….perché ognuno possa trarne le conclusioni che crede……A me viene da pensare al modello di Chiesa in uscita che ci propone continuamente Papa Francesco, che sinodalmente vuole realizzare davvero una Chiesa-Popolo di Dio in cammino…..in cammino non statica……ed essendo in cammino, le difficoltà bisogna metterle in conto….come le  fragilità…..rapportate al particolare momento storico e magari ambientale…….quando comunque la Chiesa fatta da uomini e donne, con tutta la loro carica di umanità,  deve cercare di essere fedele al suo mandato di servizio……superando con l’aiuto della grazia le difficoltà, per il bene dell’uomo……

Ecco:

Nuara don Antonio–-Ho letto, come lo faccio sempre, la presentazione fatta della stesura e stampa di quanto il carissimo Don Diego ha proposto nel tempo nei vari posti dove è stato chiamato a servire la Chiesa e la Comunità favarese. Lo avevo già scritto qualche anno fa lo riscrivo: ” la Chiesa agrigentina non può stendere un velo di oblìo sul dopo-Concilio, così come è stato vissuto e “risolto” nella nostra Diocesi. Bisognerebbe farne una rilettura serena e umile e, se necessario, saper dire il proprio “mea culpa”. Qualcuno ha scritto che se ci fosse stato Papa Francesco, certe cose non sarebbero accadute. Non capisco perchè si tende a nascondere. Quando ciò accade, non si ha uns Chiesa aperta al soffio dello Spirito e alla profezia.

Picone don Gianni—Non capisco, D.Antonio, cosa sia stato nascosto

Nuara don Antonio  — Credo che il fenomeno dei Preti di Favara e di Scelta non erano solo l’espressione di una “ribellione”, ma la testimonianza di una Chiesa locale, quella agrigentina molto collusa con la politica che, a sua volta, era collaterale alla mafia (ricorda a Ravanusa Padre Giacinto) e le sacrestie dei preti, sezioni distaccate dei vari onorevoli che prendevano a man bassa voti dai vari mafiosi, presenti in tutti i nostri paesi. Ritengo che un approccio diverso non avrebbe creato ribelli che si sono consegnati ai comunisti, ma portatori di un rinnovamento profetico della nostra Chiesa Agrigentina. Abbiamo dovuto aspettare il1993 con Papa Giovanni Paolo II. Ruffini dichiarava che in Sicilia la mafia non esisteva; Ficarra fu esautorato barbaramente, tramite il Giornale di Sicilia perchè non aveva a Patti appoggiata la lista DC piena di mafiosi. Potrei raccontarti la vita di ogni Parrocchia con il suo rapporto con la DC dei collusi. A Ribera ancora mi dicono di un parroco, tuo paesano che alla finestra della sacrestia teneva il manifesto del “suo” onorevole e un un’altra c’era quello di un altro. E questa è una chicca: dopo la confessione ti davano non il santino, ma il cartoncino con l’effigie del proprio candidato. In Cattedrale, servendo ai pontificali, ho sentito con.le mie orecchie un onorevole, amico di Mons. Peruzzo, colluso anche lui, che pubblicamente così si giustificava: “monsignù, senza li voti d’iddri, nun s’acchiana”. A Canicattì nell’ufficio di Lo Giudice c’era il via vai dei preti (arrestato e condannato per mafia). E così Cuffaro, Sinesio, Mannino… Su questo passato dobbiamo interrogarci e purificarci.

Picone don Gianni–Delle parrocchie diventate sezioni elettorati dei vari Onorevoli DC avevo scritto tempo fa. Non sapevo delle collusioni ma anche senza arrivare a quel punto di gravità era già  una cosa che non stava per niente bene: oltre l’essere aggiogati a un carro che distoglieva dal dovere di prepararsi per mediare nelle omelie, diventate sciatte e sciape, il messaggio di Cristo era già  un fatto grave l’aver castrato la generosità dei fedeli (“tanto ci pensa la Regione!)

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