Papa Francesco dice che la Sicilia è terra di “grandi virtù” e “crudeli efferatezze”.

Da Favara, su quanto detto ieri da Papa Francesco per la Sicilia: terra di “grandi virtù” e “crudeli efferatezze”. Una terra cioè dalle forti contraddizioni, perchè unitamente alle grandi virtù, non mancano purtroppo “crudeli efferatezze”.

Un’espressione testuale quest’ultima, pronunciata da Papa Francesco proprio ieri, nel corso di un incontro privato con circa 300 presbiteri, tra cui un gruppetto di agrigentini. provenienti dalle 20 diocesi siciliane. Tutti a Roma in pellegrinaggio alla sede di Pietro, in occasione del XXX anniversario della Giornata Sacerdotale Regionale Mariana, la cui prima edizione si è tenuta a Sciacca per l’inaugurazione della Chiesa Madre, elevata a dignità di “Basilica” della Madonna del Soccorso nel 1992.
Suggerisco una lettura attenta di quello che Papa Francesco ha detto nel corso del suo intervento ai preti siciliani, mentre intanto da parte mia  mi permetto  solo qualche sottolineatura, da prete agrigentino e parroco favarese, da un po’ di decenni.
Per quanto riguarda le “grandi virtù”, la nobile figura del sacerdote palermitano il beato P. Pino Puglisi, a cui il Papa nel ricordo ha subito affiancato l’agrigentino giudice, già proclamato pure beato,  Rosario Livatino. Il Quale, proprio in terra agrigentina, nella sua Canicattì, “ha respirato il profumo della dignità e appreso il senso del dovere, il valore dell’onestà e l’audacia della responsabilità”.
Per quanto riguarda le “crudeli efferatezze”, consumate in terra di Sicilia, sicuramente la mente di tutti va anzitutto alla strage di Capaci ed a quella di via D’Amelio, per l’uccisione dei giudici Falcone e Borsellino, con le loro scorte.  A cui si può anche aggiungere l’agguato contro il giudice Livatino, con le singolari modalità del fatto criminoso, riguardanti anzitutto  la drammaticità della fuga disperata  e l’inseguimento accanito  da parte del killer, che lo ha freddato nel vallone sottostante la strada a scorrimento veloce CL-AG, contrada Gasena.

Fatti veramente terrificanti, pensati, programmati ed attuati  da menti siciliane, in terra siciliana.

A Favara, a parte l’assassinio davvero ingiustificato, poco più di 50 anni fa, del parroco don Giuseppe Seggio, nei tempi più recenti, oltre a diversi atti criminosi di sangue, l’episodio più eclatante accaduto in una guerra di mafia, è stato l‘assassinio involontario, di una ragazzo decenne, Stefano Pompeo.  Un fatto che ha scosso la coscienza di tanti in Italia, mortificando Favara, che però ha saputo allora reagire con grande determinazione e compostezza, sia sul piano civile, che su quello  socio-religioso, anche con impegno del Consiglio Pastorale Cittadino, che – ricordiamo – ha sospeso per una anno tutte le manifestazioni esteriori,  in occasione delle feste religiose.
Leggendo con attenzione il discorso di Papa, nell’ottica agrigentino-favarese, non mancano sicuramente altri spunti per una feconda riflessione. Come per esempio quando Papa Francesco dice che In Sicilia,  – (e noi possiamo aggiungere nell’agrigentino ed a Favara) –  accanto a meraviglie, come  “capolavori di straordinaria bellezza artistica”, purtroppo si vedono “scene di trascuratezza mortificanti”.    – Viene da chiedersi:  Su chi ricade la responsabilità in questo settore della “trascuratezza” ?
Un problema questo magari che non riguarda direttamente i preti, ma che comunque ha a che fare sempre,  con una sana coscienza veramente illuminata da valori trascendenti.
E poi, “la liturgia come va?”, si è chiesto inoltre – ( fuori del foglio scritto come guida) – il Papa:   “Non vado a messa in Sicilia, non so come predicano i preti siciliani, se predicano come è stato suggerito nell’Evangelii Gaudium o se in tal modo che la gente esce a ‘fare una sigaretta’ e poi torna.   Quelle prediche in cui si parla di tutto e di niente. Dopo otto minuti l’attenzione cala, la gente vuole sostanza: un pensiero, un sentimento e un’immagine, e quello se lo porta tutta la settimana”.
Infine, dopo l’esplicito ammonimento di  “stare attenti” e non seguire quindi la logica del carrierismo perché quella del prete-vescovo non è una professione, ma una donazione , – e sempre nell’ottica di andare avanti e comunque mai “rimanere quietisti!”, –  una raccomandazione , che non ha voluto tralasciare per i siciliani: una raccomandazione “universale”:  “Una delle cose che più distruggono la vita ecclesiale è il chiacchiericcio, che va insieme all’ambizione. Ti toglie l’identità, ti toglie l’appartenenza!”.
Tutte osservazioni,  mi pare,  che, in Sicilia e nell’agrigentino, vanno bene non solo per la Comunità ecclesiale, ma anche per quella civile.
Anche a Favara, dove una certa pagina recente di dannoso scontro frontale, – (tra persone che temporaneamente  rappresentano per mandato ricevuto le istituzioni…così come democraticamente deciso dal popolo nelle ultime elezioni amministrative dell’ottobre scorso) –    pare davvero che si voglia superare , imboccando con saggezza,  maturità e coraggio,  la via del dialogo, della doverosa collaborazione finalizzata al bene comune, nel reciproco rispetto dei ruoli e delle persone che quei ruoli incarnano.
Diego Acquisto
10-6-2022

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