Quello di Stefano Pompeo non è un sacrificio da dimenticare

Un sacrificio di quella terribile sera di mercoledì 21 aprile 1999 quando la forza bruta si è scontrata con l’innocenza di un ragazzo, per l’appunto Stefano Pompeo,  rimasto vittima dei più malvagi sentimenti umani.

Alcune fucilate contro un fuoristrada, dove una mano assassina presumeva  che vi fosse un presunto boss di mafia di una cosca avversa, colpivano invece a morte  il piccolo Stefano Pompeo, che aveva quasi dodici anni e che occasionalmente, per sua richiesta, desideroso di provare  quel tipo di autovettura, si trovava in quel posto, accanto all’autista.

Da quel giorno sono passati venti anni, e  lo scorso 21 aprile  il calendario ci ha fatto celebrare la Pasqua di Risurrezione.

Un curioso confronto di date con un messaggio forse misterioso, su cui c’è chi non preferisce sorvolare. Perché comunque il sacrificio dell’innocente  Stefano, nel ventesimo anniversario, ci richiama alla potenza della risurrezione di Gesù, per tutti, malgrado l’astuta cattiveria del maligno, …..risurrezione fonte di vita, di salvezza e di sicura  speranza.

  Ricordiamo così, in questa luce,  quell’assassinio, di un alunno di prima media della Scuola “Brancati”. Cioè  Stefano Pompeo, un ragazzo che docenti e compagni ancora ricordano come buono, socievole, diligente e volenteroso, amante della vita, desideroso di fare sempre nuove conoscenze.

Un assurdo assassinio che  ha provocato allora  in tutta la nazione e soprattutto nella nostra Favara, un’ondata eccezionale di sdegno morale, che ancora oggi non si è  placata.

Soprattutto perché proprio in questi giorni l’opinione pubblica, grazie ad un documentario, dal titolo “Quasi 12″, curato da un bravo e coraggioso giornalista, viene a sapere che nessuno sino ad ora  è stato sanzionato, anzi pare che ancora non vi sia addirittura  nessun indagato. Ed   a spiegare tale incredibile  stato delle cose, c’è oggi il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella.

Allora, venti anni fa, proprio in questi giorni, da più parti e soprattutto in un pubblico documento della Chiesa locale, fu chiesto alle Autorità competenti di agire con sollecitudine per “isolare e fare terra bruciata attorno a quanti si lasciano irretire in gruppi di mafia e comunque malavitosi, assicurando alla giustizia i colpevoli, essendo questo il dovere dello Stato”.  Perché in una società bene ordinata i diritti della giustizia devono essere sempre salvi.

Il Vescovo del tempo, Mons. Carmelo Ferraro,  a scanso di equivoci, con chiarezza  diceva  anche che se per ipotesi il  colpevole dovesse  riuscire a farla franca dal giudizio della Magistratura, non  avverrà la stessa cosa col giudizio di Dio.

Perché quella cristiana non è la cultura del facile ed insipido perdonismo. La giustizia umana deve fare per intero il suo dovere, deve fare il suo corso ed è dovere di coscienza di tutti, favorire il lavoro della Magistratura.

La conversione a cui vengono invitati i mafiosi, passa anche dall’accettazione della giustizia umana, della quale si devono accettare le pene, come segno anche di autentico pentimento e di riconciliazione con la collettività.

Ed a proposito di perdono cristiano,  dobbiamo dire che i genitori di Stefano Pompeo, Giuseppe e Carmelina Presti, pur affranti dal dolore, dando testimonianza di fortezza cristiana, un anno dopo, in occasione dei Giubileo diocesano dell’Anno Santo del 2000 dei Gruppi del Rinnovamento dello Spirito, di cui fanno parte,  nella nostra Cattedrale di S. Gerlando, hanno pubblicamente espresso sentimenti di perdono.

Una toccante testimonianza, allora tramite Telepace-Agrigento  ripresa da tutte le emittenti nazionali, che  ha subito  fatto il giro del mondo.

Si sottolineava come risultasse chiaramente invertita quella logica che non infrequentemente nel nostro ambiente parla invece il linguaggio dell’invettiva e della vendetta, aggiungendo così al male, un altro male.

Un linguaggio cioè non cristiano, perché il cristiano si caratterizza per la forza ed il coraggio di sapere amare, malgrado tutto e tutti.

Quell’evento doloroso di 20 anni fa per Favara ma non solo, con il gesto del perdono dei Genitori,  oltre che  un limite invalicabile, deve nello stesso tempo costituire– si diceva – una tappa, dalla quale datare un movimento irreversibile di riscatto per ogni Comunità civile.

Comunità che comunque deve fare il suo dovere ed al più presto recuperare il tempo perduto,  assicurando alla giustizia  il colpevole  oppure  i colpevoli.

In questo senso non c’è chi non giudichi assolutamente utile e provvidenziale il messaggio del documentario “Quasi12″ che, stasera, per scuotere salutarmente le coscienze,  viene proiettato anche a Favara, nel Teatro S. Francesco.

Documentario che chiede e vuole che non si dimentichi Stefano Pompeo,  che su quel fuoristrada da innocente ha perso la vita.

Sarebbe davvero gravemente colpevole, davanti a Dio e davanti  agli uomini, far finta di niente e continuare – non si capisce perché ! – a mettere tutto nel dimenticatoio.

 

Diego Acquisto

 

27-4-2019

 

 

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