Commemorato il GIUDICE ROSARIO LIVATINO

Notiziario di telepace

lunedì 22.09.2003

Commemorato il GIUDICE ROSARIO LIVATINO

servizio di don Diego Acquisto

Con Rosario Livatino si è accesa una luce di giustizia e di fede, che nessuno potrà mai più spegnere”. Si tratta di uno dei passaggi più significativi dell’omelia di Don Pietro Li Calzi, parroco della Chiesa di S. Domenico di Canicattì, che ieri, durante la celebrazione in memoria del giudice assassinato dalla mafia, ha spronato tutti gli operatori della giustizia a proseguire nel loro impegno, indispensabile e benemerito per la civile convivenza. Una celebrazione quella di ieri, nella Parrocchia di S. Domenico a Canicattì, quella frequentata abitualmente dal giudice ragazzino, nell’esatta ricorrenza del 13 anniversario del suo martirio, con la massiccia partecipazione di tanti giudici e politici di rilievo, oltre che della locale Amministrazione Comunale al completo, guidata dal Sindaco Scrimali. E all’inizio della celebrazione, malgrado i suoi molteplici impegni, che lo portano continuamente a spostarsi nei vari paesi della nostra vasta diocesi, ha voluto essere presente l’Arcivescovo Mons. Carmelo Ferraro, che non ha mancato di lanciare un forte messaggio, dicendo anzitutto che Livatino “è più conosciuto da morto che da vivo” e il modo come è stato barbaramente assassinato è la testimonianza eloquente di quello che succede, “quando la violenza riesce a prendere il sopravvento sulla giustizia”. Ricordiamo che le, ormai divenute famose, parole da tutti condivise, che il giudice oltre ad essere, deve anche apparire imparziale, sono proprio del giudice Livatino, che perciò, sempre durante la sua vita non cavalcò mai la ribalta della cronaca, restando sempre nell’ombra, lavorando con assoluta dedizione unicamente per servire la giustizia, senza mai il pur minimo cenno di protagonismo. Ed a questo sicuramente ha voluto accennare il Pastore della Chiesa agrigentina, che ha voluto mettere in risalto l’importanza di un esempio affascinante di vita, che ancora oggi continua a richiamare l’attenzione di tanti e soprattutto dei giovani, il cui impegno appare decisivo per un miglioramento qualitativo della vita della società civile della nostra provincia. Ed a questo punto Mons. Ferraro, senza peli sulla lingua, ha gridato che purtroppo, “ancora oggi in tutta la nostra provincia, ed a Canicatti forse in maggior misura, sono forti i segni di assoggettamento della società alle logiche criminali”.

Nella valutazione di Mons. Ferraro la mafia è proprio un tumore maligno, possibile però da estirpare, con un’incisiva azione formativa che tocchi direttamente le coscienze, “in sinergia con tutte le forze sane e soprattutto con le forze dell’ordine, riflettendo contemporaneamente sui silenzi di connivenza, come pure interrogandosi sugli esempi di correttezza che quanti hanno pubbliche responsabilità offrono ai giovani”.

Parole indubbiamente incisive e dense di contenuto, quelle dall’arcivescovo Ferraro, che scuotono le coscienze ed invitano pressantemente tutti, ciascuno secondo il suo ruolo, ad una pre responsabilitàAi funerali del giudice Rosario Livatino, assassinato dalla mafia 13 anni fa, nell’omelia, Mons. Ferraro, allora affermò che “La cultura mafiosa è peggiore del nazismo”, perché nella cultura mafiosa, più che l’uomo emerge la bestia”. E rivolto ai politici diceva ancora . “Non c’è spazio per i compromessi e per i ritardi”. Mentre L’Osservatore Romano, sulla stessa lunghezza d’onda, allora scriveva : “Non c’è più spazio per le illusioni : lo Stato, quasi braccato dalla malavita deve reagire con interventi radicali e coraggiosi, anche repressivi”. E se quelle parole del Vescovo e del giornale vaticano, allora, nel settembre di 13 anni fa, fossero state subito ascoltate e prese in seria considerazione, si sarebbero forse potute evitare le successive stragi di Capaci e di Via d’Amelio.

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